04 Lug INTRODUZIONE ALL’EREDITA’ DIGITALE
SOMMARIO:
- Introduzione alle tematiche oggetto di approfondimento.
- Breve analisi giuridica delle questioni sottese al tema in esame.
- Panoramica sulle soluzioni pratiche adottate da alcuni fornitori di servizi.
- Alcune conclusioni e prospettive future
1) Introduzione alle tematiche oggetto di approfondimento
Le problematiche relative alla sorte dei beni digitali o, comunque, dei dati digitali appartenuti ad un soggetto defunto sono ancora molto poco conosciute dai più e ciò perché, come spesso accade nel mondo tecnologico, l’innovazione corre veloce ed arriva molto prima della consapevolezza sugli effetti della stessa e, quindi, della sua regolamentazione.
Ritengo inoltre che tutto ci che ruota intorno all’evento morte non costituisca un argomento solitamente affrontato dalle persone in modo compiuto, preferendo concentrarsi comprensibilmente su argomenti pi leggeri e piacevoli.
Al riguardo, alcuni recenti provvedimenti1 hanno contribuito a portare all’attenzione dell’opinione pubblica le problematiche connesse alla morte del soggetto titolare di beni o diritti digitali, facendo comprendere come siano maturi i tempi per affrontare il tema.
È evidente come fino a qualche anno fa il problema non fosse di dominio comune in quanto il web e tutte le cd. nuove tecnologie non rivestivano un ruolo così importante nella nostra vita come invece accade oggi. Per questo motivo, in passato, la maggior parte delle persone non avrebbe probabilmente pensato di potere avere, un giorno, una vera e propria identità digitale o di possedere dei beni digitali.
Per contestualizzare l’argomento basti pensare, a titolo esemplificativo, ai dati che ognuno di noi pubblica quotidianamente nei social network o alle mail che vengono scambiate o, ancora, ai servizi e beni (digitali e non) che vengono acquistati direttamente on line, comunicando, a volte senza troppa attenzione, i nostri dati.
Come oramai tutti abbiamo compreso, queste nostre azioni generano una quantità infinita di dati che vengono per lo pi riversati on line e che generano (o modellano), da un lato, la nostra identità digitale (si pensi per esempio ai dati contenuti nei social network o nelle banche dati pubbliche) e, dall’altro, danno origine a veri e propri beni e/o diritti digitali (a volte aventi contenuto patrimoniale, come nel caso delle criptovalute o degli NFT, solo per citare un paio di esempi attuali).
Da qui nasce, a mio parere, l’esigenza attuale di pianificare, per quanto possibile, da un lato, la trasmissione dei beni e diritti digitali a contenuto patrimoniale ai soggetti individuati quali eredi e, dall’altro, di disciplinare preventivamente la sorte dei nostri dati digitali (anche se non aventi contenuto patrimoniale) presenti nella rete o nei vari account e ciò al fine di evitare che gli stessi restino “sospesi” nella rete o non vengano consegnati a chi è stato prescelto. O ancora peggio, per certi versi, che gli stessi cadano nelle mani di soggetti che, secondo le nostre volontà, non avrebbero dovuto vederli o comunque non avrebbero avuto alcun diritto a fruirne.
2) Breve analisi giuridica delle questioni sottese al tema in esame
Sempre più spesso, viene utilizzato, sia dai mezzi di informazione, sia in ambito scientifico, il termine “eredità digitale” quale concetto ampio in cui vengono ricompresi sia i beni di natura digitale aventi carattere non patrimoniale sia quelli aventi carattere patrimoniale sia, come vedremo in seguito, quelli “ibridi”.
Ciò è, a mio avviso, collegato al fatto che grazie alle nuove tecnologie ogni soggetto è oramai titolare di un vero patrimonio digitale, composto da un lato da beni e dati digitali (anche personali) e, dall’altro da beni digitali aventi anche un valore economico.
La vera complessità consiste -molto spesso- nel fatto che le due categorie si possono (quanto meno in parte) sovrapporre. Basti pensare, per fare un esempio eclatante, ad un profilo social di un personaggio famoso (e, in particolare, di un cd. influencer) che oltre a contenere dati digitali personali ha un valore economico che, a volte, può raggiungere quotazioni rilevanti.
Come vedremo in seguito, la materia oggetto di approfondimento non è affatto semplice da affrontare proprio perché può, da un lato, toccare la normativa prevista in tema di successioni e, dall’altro, coinvolgere anche le tutele previste in materia di protezione dei dati personali.
A tal proposito appare fondamentale, in via preliminare, comprendere come alcuni nostri dati e/o beni digitali possano configurare la nostra identità digitale, mentre altri beni e/o dati digitali possano avere addirittura un contenuto patrimoniale.
Al fine di affrontare in modo proficuo l’argomento ritengo quindi fondamentale chiarire la differenza tra:
- beni digitali aventi contenuto patrimoniale;
-
beni digitali aventi contenuto NON patrimoniale:
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I beni digitali a contenuto patrimoniale si caratterizzano per il loro valore economico intrinseco e la conseguente facoltà di utilizzazione economica che viene attribuita al loro titolare.
A titolo di esempio si pensi a:
– I nomi a dominio (siti web);
– I beni digitali acquistati on line o anche off line;
– Le opere dell’ingegno o le opere artistiche create con strumenti digitali (ad esempio i cd. NFT – non fungible token);
– Le fotografie digitali scattate da un’artista o i progetti creati con software (con Autocad per gli architetti ad esempio);
– Le criptovalute (bitcoin, ethereum etc etc.). -
I dati digitali a contenuto non patrimoniale o cd. personali sono invece tutti quelli che hanno un interesse individuale soggettivo di tipo sociale o affettivo o familiare e che non hanno un contenuto patrimoniale.
A titolo esemplificativo si pensi a:
– corrispondenza mail personale (di prassi non lavorativa);
– fotografie o filmati di famiglia;
– i messaggi sms o scambiati tramite app di messaggistica (whatsapp o telegram);
– il materiale digitale personale.
Come evidenziato dagli studiosi che sinora hanno trattato la materia non si può però dimenticare che molti beni digitali hanno contenuto ibrido e dunque vanno trattati e disciplinati tenendo ben a mente la loro doppia natura.
Questa distinzione é necessaria per comprendere come gli stessi possono essere legittimamente gestiti nella trasmissione post mortem. In particolare, prima di tutto, è bene ricordare che i beni o dati digitali aventi contenuto patrimoniale dovranno essere gestiti e trasmessi nel rispetto della normativa in materia successoria. Come sappiamo, il nostro Ordinamento prevede delle norme specifiche in ambito successorio che non sono derogabili nemmeno dalla volontà della parte.
Si pensi, ad esempio, agli articoli del Codice Civile che tutelano alcune categorie di soggetti ai quali compete una quota di eredità che non può essere erosa oltre i limiti di Legge da eventuali disposizioni testamentarie.
Di conseguenza, la trasmissione post mortem dei beni e/o diritti digitali aventi contenuto patrimoniale dovrà rispettare, in linea generale, le norme previste in materia successoria e non potrà essere pienamente libera.
È prevista invece una diversa disciplina per quanto riguarda i dati e/o beni digitali non aventi contenuto patrimoniale, rispetto ai quali possibile ritenere, a mio parere e salvo casi particolari, che gli stessi possano essere trasmessi ad un soggetto preventivamente designato o che il loro passaggio di mano sia disciplinato per il tramite di un cd. mandato attribuito in vita ad un soggetto terzo. O ancora che il soggetto titolare preveda in vita che gli stessi dati vengano post mortem distrutti (salvo particolari esigenze tutelate dalla Legge5).
Solo avendo ben a mente il perimetro entro cui potersi muovere potremo disciplinare nel migliore dei modi l’utilizzo ed il destino “post mortem” dei nostri dati e/o beni digitali, evitando di incorrere per esempio in soluzioni inattuabili perché contrarie all’Ordinamento vigente o ancora evitando soluzioni impercorribili dal punto di vista pratico.
Discorso a parte merita il cd. account che non può, a mio parere, definirsi propriamente un bene digitale in senso stretto. Infatti, l’account, in ambito informatico, configura un sistema organizzativo attraverso il quale un utente, accede tramite login ad un servizio informatico reso da una società terza in forza di un vero e proprio contratto.
Se è pur vero che l’account in sé non configura un bene digitale appartenente al soggetto che ha attivato il servizio è altrettanto vero che all’interno dell’account invece possono essere detenuti tanto beni digitali che caratterizzano l’identità digitale quanto beni digitali aventi contenuto patrimoniale.
Come noto, l’account è strettamente connesso all’utente che ha attivato il servizio e dunque è evidente come ciò possa creare notevoli disagi sia in merito alla trasmissione agli eredi della titolarità dello stesso sia in merito all’ottenimento di quanto ivi detenuto.
Basti pensare che all’interno dell’account di un soggetto defunto potrebbero esserci tanto beni digitali o dati personali (si pensi ai profili social) quanto beni digitali aventi contenuto patrimoniale (si pensi al cd. wallet in cui sono detenute criptovalute acquistate dal defunto o più semplicemente ad un account paypal).
Al riguardo è dunque consigliabile verificare sempre le condizioni contrattuali applicate dal fornitore del servizio al fine di comprendere quale sorte è prevista per i dati e/o beni digitali nel caso di decesso del titolare dell’account.
Per concludere questa prima analisi, pur non volendo assolutamente in questa sede fornire alcuna soluzione prestabilita, si reputa utile ribadire l’opportunità, per il soggetto che voglia disciplinare la sorte dei propri beni o dati digitali, di adottare delle soluzioni distinguendo tra i beni digitali aventi contenuto patrimoniale e quelli non aventi contenuto patrimoniale.
Per la prima specie (aventi contenuto patrimoniale) il soggetto disponente dovrà pianificare le proprie volontà tenendo a mente le norme vigenti in materia successoria.
Uno degli strumenti tipici utilizzabili per la successione dei beni digitali aventi contenuto patrimoniale può essere individuato nel testamento che, come noto, consente al soggetto testatore di disporre del proprio patrimonio per il momento in cui lo stesso sarà deceduto. Il testamento può avere contenuto ampio purché rispetti i limiti normativi tra cui quelli previsti a tutela dell’ordine pubblico e del buon costume.
Per la seconda specie (dati o beni non aventi contenuto patrimoniale) il soggetto titolare degli stessi sarà sicuramente più libero di muoversi adottando soluzioni pratiche, seppur sempre nel rispetto della normativa vigente.
Tra queste soluzioni una delle più interessanti (ed anche più discusse) è, a mio parere, il cd. mandato post mortem, attraverso cui un soggetto (mandatario) si obbliga a compiere determinati atti per conto del mandante. Tra questi atti vi può essere, ad esempio, la trasmissione ad uno o più soggetti designati in vita dal mandante, dei beni digitali (purché non aventi contenuto patrimoniale) o il trasferimento delle cd. password o chiavi di accesso agli account del defunto.
Tale strumento, se utilizzato unitamente agli strumenti tipici in materia successoria come il testamento (per i beni digitali aventi contenuto patrimoniale), può, a mio avviso, allo stato, essere molto utile per soddisfare le esigenze di tutela emerse.
Ciò evidentemente nell’auspicio che intervenga quanto prima una regolamentazione organica della materia in ambito comunitario e nazionale.
3) Panoramica sulle soluzioni pratiche adottate da alcuni fornitori di servizi
Per dare concretezza all’approfondimento si ritiene utile esaminare i servizi offerti da alcuni tra i più noti fornitori di servizi on line (Gmail, Facebook, Apple, Coinbase), i quali, dopo aver compreso le esigenze dell’utenza, hanno adottato delle soluzioni pratiche.
Gmail che, come noto, è uno tra i servizi di posta elettronica più utilizzati al mondo ha da tempo previsto la funzionalità denominata “gestione account inattivo”.
Detta funzionalità attribuisce al titolare dell’account la facoltà di indicare preventivamente uno o più soggetti (fino a 10) a cui consentire l’accesso all’account in caso di prolungata inattività (di default la funzione subentra dopo tre mesi di inattività).
Nel momento in cui si va a programmare detta funzionalità viene richiesto l’indirizzo mail ed un recapito della persona o delle persone prescelte e viene richiesto di indicare a quali dati gli stessi possano successivamente accedere.
Inoltre, viene espressamente data la facoltà di prevedere se l’account e tutti i dati ivi contenuti debbano essere cancellati o meno. Questo servizio è a mio avviso molto utile perché la corrispondenza mail può, come noto, diventare fondamentale in molti ambiti (si pensi ad esempio all’utilizzo come prove delle mail) e rischiare di perderla può comportare dei danni non indifferenti.
Allo stesso modo bisogna per essere consapevoli del fatto che le mail potrebbero essere lette -a posteriori- dai soggetti designati, i quali potrebbero non essere in grado di comprendere appieno il contenuto delle mail oppure si potrebbero generare dei fraintendimenti con ripercussioni in ambito familiare o sociale.
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Il social network Facebook consente alternativamente di prevedere che, in caso di decesso del titolare del profilo, si possa optare per:
- Nominare un contatto erede che gestisca l’account cd. commemorativo;
- prevedere l’eliminazione dell’account in modo permanente dal social network;
- Nel caso in cui il soggetto defunto non abbia deciso di richiedere l’eliminazione dell’account in modo permanente, lo stesso verrà reso commemorativo dopo che Facebook avrà avuto la notizia del decesso del titolare.
L’account commemorativo permette ad amici e familiari di raccogliere e condividere i ricordi di una persona che è venuta a mancare. A tal fine è appunto possibile nominare un contatto erede che gestisca l’account commemorativo, il quale potrà avere accesso ad una serie limitata di funzionalità tra cui, per esempio, accettare le richieste di amicizia, fissare un post in alto per rendere omaggio al profilo e modificare l’immagine del profilo e quella di copertina.
Inoltre, è possibile prevedere che il contatto erede possa scaricare una copia dei contenuti che il soggetto titolare del profilo ha condiviso su Facebook inclusi post, foto, video e informazioni presenti nella sezione profilo mentre restano esclusi i messaggi.
In alternativa alla trasformazione dell’account in commemorativo è possibile scegliere che l’account stesso venga eliminato in modo permanente in caso di decesso. Questo significa che quando qualcuno comunicherà al gestore del servizio il decesso del soggetto titolare del profilo, tutti i messaggi, le foto, i post, i commenti, le reazioni e le informazioni saranno subito eliminati da Facebook in modo definitivo.
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È recente la notizia secondo cui Apple, con l’aggiornamento del sistema operativo iOS 15, avrebbe deciso di introdurre una funzionalità denominata Digital Legacy che consentirebbe agli eredi di accedere all’account Apple in caso di decesso del soggetto titolare. Non avendo potuto, alla data di redazione del presente approfondimento, ancora vedere come detta funzionalità sia stata implementata, non è possibile descriverla nel dettaglio né fornire indicazioni al riguardo. Pare comunque che sarà consentito all’erede designato l’accesso ai dati contenuti, ad esempio, nel iCloud mentre pare non sarà possibile accedere ai dati presenti nell’Iphone in assenza di codici di sblocco.
Al di là delle caratteristiche della funzionalità che avremo modo di testare, quello che interessa è che anche un player mondiale come Apple abbia recepito l’esigenza di risolvere dal punto di vista pratico le difficoltà incontrate sin qui nella gestione inerenti al cd. testamento digitale.
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Il fenomeno “successorio” può riguardare anche le criptovalute che, come è risaputo, si stanno sempre più diffondendo, arrivando ad interessare oramai moltissimi utenti.
Come noto, vi sono molti modi e strumenti che consentono di detenere le criptovalute, tra cui i cd. wallet sia fisici che digitali. Un wallet digitale di ampio utilizzo è la piattaforma “Coinbase” che, tra le altre, ha la funzionalità di utilizzare un cd. “E-Money Wallet”, il quale consente di archiviare le criptovalute.
Dall’analisi delle condizioni contrattuali di Coinbase, si rinviene un apposito articolo (11.3) che disciplina la modalità di “successione” a favore degli eredi.
In particolare, Coinbase richiede, tra le altre cose ivi dettagliatamente indicate, di dare dimostrazione della qualità di erede (qui inteso in senso ampio) e chiede al successore di aprire un nuovo conto Coinbase presso cui verranno trasferiti i fondi.
Poiché accade spesso che alcune informazioni vengano tenute riservate, appare fondamentale che il soggetto defunto abbia preventivamente informato i suoi eredi designati sul possesso delle criptovalute, al fine di evitare che le stesse vadano “perdute”.
4) Alcune conclusioni e prospettive future
Le riflessioni sin qui esposte ci consentono di comprendere come emerga sempre pi un’esigenza di pianificazione “successoria” relativamente ai nostri beni digitali.
La pianificazione dovrebbe, a mio parere, partire da una piena consapevolezza sul patrimonio digitale che ognuno di noi possiede e, più in generale, dalla conoscenza dell’immenso valore (non solo economico) dei dati che compongono la nostra identità digitale.
Solo comprendendo a monte l’importanza dei dati e dei beni digitali sarà possibile comprendere l’opportunità di disciplinare preventivamente, per quanto possibile, la sorte degli stessi per il “dopo di noi”.
L’auspicio è ovviamente che la materia venga, per quanto possibile, regolamentata con una disciplina organica a livello comunitario in modo che vi sia la possibilità di raggiungere un’uniformità anche sulle condizioni contrattuali dei vari fornitori di servizi.
Nel frattempo, è opportuno rivolgere la nostra attenzione ai vari strumenti giuridici e pratici esistenti che possono essere utilizzati per aiutarci nella pianificazione successoria e trasmissione dei nostri dati e/o beni digitali.
A tal proposito, per completezza anche rispetto a quanto esposto sopra, si evidenzia che, ad oggi, esistono, sia in Italia che all’estero, delle società che assistono nell’organizzazione e nella trasmissione dei dati digitali a mezzo di sistemi informatizzati che consentono di ottimizzare gran parte del lavoro di screening.
Innanzitutto, sarebbe auspicabile che ognuno di noi facesse, periodicamente, una ricognizione ed una ricostruzione della propria “vita digitale”, andando ad esempio a ricostruire tutti i servizi informatici a cui ha aderito e ad organizzare tutti i files che ha archiviato nei propri devices rendendoli fruibili laddove sia questa la volontà futura.
Ciò a maggior ragione oggi considerato che molte persone sono quotidianamente abituate ad aprire nuovi account per servizi che molto spesso non verranno nemmeno utilizzati.
Allo stesso modo sarebbe auspicabile che ognuno di noi avesse cognizione di tutti i beni e diritti digitali che possiede e che, a volte, risultano detenuti all’interno di supporti di memorizzazione obsoleti e quindi a rischio. Una volta ricostruita la nostra personalità digitale e avuto contezza dei beni e/o diritti digitali che ci appartengono potremmo:
- fare pulizia in riferimento a tutto ci non utilizziamo e che sappiamo non utilizzeremo;
- cominciare a pensare a quale sorte vorremmo avessero i nostri beni e/o dati digitali dopo la nostra dipartita;
- predisporre, preferibilmente con l’aiuto dei propri consulenti di fiducia, gli strumenti necessari a dar corso alle nostre volontà in modo da aiutare chi ci succederà, evitandogli un percorso ad ostacoli che oggi si presenta molto insidioso.
Solamente un comportamento proattivo dell’originario titolare dei dati e/o beni digitali potrà dunque consentire di affrontare con successo le problematiche relative alla successione del patrimonio digitale.